venerdì 15 luglio 2011

Harry Potter, storia di vite.


A Enzo che per primo mi ha fatto innamorare di Harry.

Avevo dieci anni ed ero al primo anno delle scuole medie.
Mio padre gestiva una cartolibreria in un paese qui vicino. Mia madre era fresca di concorso, avrebbe iniziato di li a poco ad insegnare.
A Novembre del duemilauno mi regalarono un libro, anzi me ne regalarono due copie , una l’ho riciclata l’altra la conservo ancora nello stesso mobile dove per la prima volta la riposi ,lontano dagli altri libri, forse per rispetto, forse per i tanti ricordi o forse perché una logica imperscrutabile così ha deciso.
Harry Potter e la pietra filosofale. Di J.K. Rowling. Una mezza scrittrice britannica.
La copertina non prometteva bene. I colori facevano abbastanza schifo. Il titolo era però allettante.
Vicende di un maghetto , cianciavano i giornalisti (quelli sfigati , che mandano in giro per il mondo alla ricerca delle notizie strambe, quelli che ti chiedi se abbiano davvero studiato anni per narrare le vicissitudini dell’ultimo mangiafuoco thailandese) alla tv.
Sia chiaro , non ho mai apprezzato particolarmente la scrittura del romanzo. Ho appassionatamente letto i primi due volumi e l’ultimo della saga, per pigrizia, per snobismo, per cocciutaggine.
Ho però amato la filmografia. Non sono di quelli che spasmodicamente e minuziosamente operano come eccelsi filologi alla ricerca delle discrasie imperdonabili tra la pellicola e la carta.
Anzi sappia il lettore che quella categoria di “lettoruncoli cinefili”mi è terribilmente invisa.
Insomma il giorno di San Nicola del duemilauno fu proiettato in Italia il primo di otto film.

Era Dicembre e faceva tanto tanto freddo ,uscendo da Mc Donald’s il tepore che ci avvolgeva si dissolse in un istante. Sentivo , come sempre quando vado via da uno di quei fastfood , le mai appiccicate, in una reggevo un omuncolo uscito dalle allegre scatole riempite di cibo per bambini( almeno per tale lo spacciano). Papà afferrò l’altra mano e ci dirigemmo in una sala cinematografica nel centro di Napoli.
Era la seconda volta che andavo al cinema.
La prima era stata per vedere i Flinstone. Persino Titanic lo vidi in cassetta.
Ci andavamo poco allora. Forse ero ancora piccolo. Forse il cinema per chi vive in provincia è sempre stato una roba per coppiette e per intellettuali. Le due categorie generano uno strano equilibrio o , se volete,un’eccellente compensazione.
Insomma Harry fu il primo film della consapevolezza che guardai seduto nell’enorme poltrona rossa di una sala cinematografica.
Allora il biglietto costava meno dei popcorn salatissimi che si comprano a film iniziato e a  luci spente. Mio padre talora lo ricorda e sembra emozionarsi. Sarà l’età che avanza, sarà la malinconia per quegli anni già lontani.
La sala era tutta intrisa di fuliggine , quella scura , impenetrabile, che appare su ogni oggetto quando le luci si spengono e il film inizia.
Accanto a me c’era mio padre e una manciata di poltrone dopo sedevano Enzo e i due figli; quella sera non avevamo prenotato i biglietti, i posti erano in gran parte occupati e sedemmo divisi. Quel film se fosse stato per mio padre non l’avremmo neppure visto. Fu per la caparbietà di Enzo che entrammo nel teatro , ci vollero mille pacche sulle spalle per condurre papà all’interno.
 Ancora oggi quando ripenso ad Enzo lo vedo seduto in quella poltrona vermiglia , quasi sprofondava nel morbido della tappezzeria. Era di corporatura esile , il suo fisico era tutto un susseguirsi di nodi e spigoli.
Ancora oggi prego Dio di proteggere la sua anima, perché era un uomo buono. Lavorava dalla mattina alla sera per racimolare qualche soldo che non bastava mai. Con lui , infatti, vivevano due nipoti, figli della sorella di Marisa, sua moglie. I loro genitori morirono sotto le macerie  nel terribile terremoto dell’Irpinia. Enzo decise di prenderli con sè.
La storia di quell’uomo e della sua famiglia (fu Enzo a  regalarmi il primo libro della Rowling )mi era parsa tanto simile alla storia di Harry. Come Petunia e Vernon Dursley , lui e Marisa avevano preso con sé i nipoti dopo la morte dei genitori, loro però li avevano accolti con amore e nessuno dei due era mai stato costretto in un angusto sottoscala. Tra l’altro la casa di Enzo era troppo piccola per avere scale e annessi sottoscala, era la casa di un modesto idraulico che con i suoi guadagni sfamava cinque persone.
Forse queste due storie hanno davvero poco in comune , forse invece sono legate da vincoli ben più profondi di quelli che la mia mente riesce a scorgere, forse è il mio animo che questi legami va costruendoli.
Enzo è morto una decina di  mesi dopo quel sei dicembre. Aveva un tumore. Iniziò a dimagrire ogni giorno di più. Andai con mamma a fargli visita  negli ultimi tempi della sua agonia. Quando entrai nella camera da letto  quasi non lo riconobbi, era un mucchio d’ossa, manteneva però lo sguardo sereno e un po’ sornione. Mi prese la mano. Io non avevo il coraggio di stringerla. Mi sembrava tornato bambino. Morì pochi mesi dopo.

Ieri sono entrato al cinema. Mi sono seduto in una poltrona vermiglia.
Ho assistito per l’ultima volta  alle vicende di Harry, Ermione e Ron ; la McGrunnit , Piton , Voldemort e Silente;ho rivisto  i Malfoy , Bellatrix …  Hogwarts  e il binario 9 e 3\4.
Dieci anni fa , per la prima volta , vidi proiettato sullo schermo di un cinema napoletano , l’Hogwatrs Express, sedevo in una poltrona vermiglia , affianco a me c’era mio padre e , qualche seduta dopo, c’era Enzo con alcune  bibite tra le mani e con gli occhi fissi, forse più dei miei, ad ammirare la magia di Harry.

mercoledì 13 luglio 2011

Si sono arrubbati a Garibaldi. Questa è Napoli.


Si prendano le parole, le si sposti e le si rimetta a posto, così il lettore comprenderà ciò che la mia penna vuol  far intendere.

Per poco non mi sedevo sulla faccia allampanata del “Ligabue de noantri”, povero il mio sedere!
Un tale Raffaello Migliaccio , al secolo “Raffaello” , cantante neomelodico, arrestato per una caterva di reati. Il quotidiano metteva la notizia in prima pagina nei giorni caldi della manovra finanziaria e del Lodo Mondadori, il lettore doveva essere informato, il pluralismo andava garantito… e io che per poco ho temuto che quel tale neomelodico fosse diventato ministro! (la nomina di un ministro merita il gran titolo , foto e un ricco editoriale)… lettore mio , di questi tempi ogni timore è causa d’affanno!
Ho spostato dolcemente il quotidiano ,  voltato la carta stampata per evitare ulteriori spasimi e finalmente le mie terga hanno trovato riposo sullo scomodo sedile del bus che dal mio paesello di Provincia conduce alla metropoli. Faccio per aprire un libricino quando…
-S’hann arrubbat a Garibald!-
Una voce roca proveniente da un angolo del pullman fende i miei pensieri. Penso: s’hann arrubbat a Garibald!? Faccio fatica a trovare un significato plausibile per queste quattro parole.
Mi volto. Un vecchio scafandro , fasciato di nero , giace infagottato sull’ultimo sedile del veicolo.
Come sono solito fare , per fissare i pensieri o focalizzare le immagini, socchiudo gli occhi quel tanto che basta per evitare la luce e raggiungere la figura. Con mia sorpresa scopro che si tratta di un essere animato, sembra un uomo, anzi lo è! Pardon è una donna!
La fisicità non l’aiuta e se dovessimo curarci di quel che Lombroso va cianciando andrebbe classificata come  “soggetto ad alta pericolosità criminale”. A me pare una poco graziosa fanciulla, costretta in un paio di leggins neri peggio della pece e una t-shirt un po’ allargata su cui campeggia la Monroe che , ahi lei, ha preso qualche chilo.
Insomma , lettore mio, a suo dire qualcuno avrebbe rapito Garibaldi, non quello in carne ed ossa per carità!, pace all’anima sua, ma la vecchia e annerita statua che si inerpica tra i palazzi , i marciapiedi e gli affollati tram dell’omonima piazza. Dice che  l’hanno portata via in elicottero, l’altro ieri o l’altro ancora.
        Ma qual apparecchio ? So benut co na camionetta a sej rote-
E’la frase stizzita e quasi indispettita di una vecchia signora che sostiene animatamente la sua tesi , adduce prove come fosse davanti ad un pubblico ministero , ottiene l’approvazione di tre o quattro comari del sedile retrostante. E’soddisfatta ,anzi inorgoglita.
-          Chill De Magisttriììs s’ha vo mettere a piazza Municipio! , annanz e funtanell!-
Un vecchio sulla sessantina, vestito di tutto punto, con una dentiera curatissima e un fazzoletto candido che svetta dal taschino e per questo rispettabilissimo agli occhi dei miei compagni di viaggio , con la sua frase porta lo scompiglio.
Improperi da ogni parte si alzano contro il neoeletto sindaco, lo scafandro nell’angolo pronuncia con il ritmo d’una mitragliatrice parole a me incomprensibili, le cinque comari si torcono sui sedili troppo piccoli per cotante corporature, schiamazzi, urla , tre o quattro “Maronne” e “San Gennaro” invocati da ogni dove. E’il caos. La guerra civile.
Poi però  le porte si aprono , il caldo afoso di metà Luglio invade l’ambiente , le comari si accalcano, Merylin si fa strada e il vecchio impettito scende per ultimo, l’assemblea clandestina è presto sciolta. I propositi rivoluzionari sono presto sopiti, i capopopolo si perdono per le strade di Napoli.
Sono sul lastricato della Piazza , cerco l’eroe dei due Mondi , non ne scorgo la sagoma imponente e neppure  il basamento in pietra, temo il peggio . Al suo posto si erge un enorme scatolone bianco, sembra una vecchia ciminiera piazzata nel bel mezzo della Città . Sono incazzato nero.
I Capopopolo tenevano ragione e io l’ho sberleffati! Possa punirmi Iddio! non potevo immaginare, questo Giggino non me lo doveva fare!
Non faccio in tempo a prendere un altro bus che intorno alla “ciminiera” prende vita un mercato improvvisato, si accalcano decine di stranieri , in gran parte marocchini , tunisini , arabi , donne  e uomini dell’est. Su valigie di cartone, vecchi teli consumati, sporche scatole di latta , sull’asfalto ormai rovente è esposta ( mi passi il lettore questa forzatura) merce d’ogni specie. Vecchie scarpe, orologi senza cinturino , calzini consumati,  biro e sporchi portapenne, gonne e pantaloni di seconda mano , monili e trucchi usati. Un mercato apparecchiato sull’asfalto di Piazza Garibaldi per qualche quarto d’ora, un mercato di disperati, dove non c’è la logica di scambio, dove si vende quel che si può , dove tutto puzza , tutto sa di strada, tutto è lordo.
Non mi stupisco. In quell’ alveare cittadino tutto è lecito , tutto è consuetudine e anche questo passa inosservato ai quattro vigili della piazza.
 Ma un sussulto mi scuote quando intravedo, dietro un albero, mezzo rinsecchito, una donna sulla cinquantina litigare animatamente con un venditore forse arabo. Il motivo del contendere a quanto pare è il prezzo della merce.
Non posso crederci! Qua il mondo va capovolgendosi! , urla qualcuno dentro la mia mente.
Quella signora l’ho vista tre giorni prima in un’antica chocolaterie del Vomero , vestita di tutto punto , con un tailleurino di Chanel  che , con la boccuccia a “culo di gallina”, sciorinava a manca e a destra tutto il suo sapere, facendo vanto  delle abilità acquisite in una famosa  pasticceria di Montmarte in quel di Francia, dove aveva soggiornato per tre anni sulle spalle del marito.
Era uscita dal negozietto con bon bon e praline d’ogni sorta, tenendo nell’altra mano tre buste d’un ricamificio fiorentino. Possa Iddio fulminarmi se non era lei!
Quella vecchia instupidita dal liquore dei mon cherì che mangiava con tanta foga , era lì , nel mezzo della piazza infuocata dall’impietoso  caldo estivo  e ,grondante in ogni dove ,giocava al ribasso sul prezzo d’un paio d’orecchini finto oro con quel poveraccio venuto da chissà quale inferno.
Mi sento inebetito, vado barcollando, tastoni cerco l’uscita del bus , scendo.
Mi ritrovo nell’atrio della Facoltà .Che cazzo di freddo! Stramaledetti condizionatori.
Mi aggrappo alla porta dell’aula , il prof. è già in cattedra.

-          Terribili vicissitudini stanno interessando la nostra giurisdizione, le peggiori che Io nella mia consumata carriera abbia mai vissuto!-

Povero vecchio ! Dovrebbe saperlo che lì fuori è l’inizio della fine. Altro che giurisdizione, qualcuno dovrebbe dirgli che il cantante Raffaello è diventato un gran ministro, le sciurette vomeresi fanno compere davanti alla stazione appellandosi alla clemenza di  quattro disperati  per avere un po’ di sconto.
Lui però continua.
Insiste sulle forzature al nostro sistema , le riforme insostenibili, vogliono persino abolire gli ordini!
-          Queste sono ruberie belle e buone ! – esclama.

Io d’istinto, sento ribollire quel po’ di sangue che m’è rimasto, m’arrampico sulla sedia ,m’ alzo con violenza e prendo la parola.
- Professò ! Ma quali ruberie e ruberie! Ma vuje o’ sapite che la for s’hann arrubbat a Garibaldi!-

Il silenzio scende nell’aula. Per qualche secondo , solo il gelo dei condizionatori. Poi una sonora risata.

Questa è Napoli. O almeno quella di chi scrive.


P.S. Non tema il lettore , la statua dell’ Eroe Garibaldi è ancora lì , impacchettata per i restauri , nessuno l’ha portata via. Grandi aerei e imponenti mezzi di locomozione esistono solo nella fantasia dei Napoletani, come dalla mia fantasia provengono alcune, e solo alcune, delle vicende qui narrate.