martedì 26 gennaio 2016

San Sebastiano icona gay e il vostro Family Day.

Non volevo dirvelo nel giorno della festa per non urtare la vostra sensibilità.

Voi, voi che applaudivate don Maurizio Patriciello inneggiante al Family Day, dallo scalone della nostra Chiesa, davanti all'effige di San Sebastiano, lo sapete che il nostro Protettore è una riconosciuta, amatissima e risalente icona Gay?

I simboli sono prepotenti, sfacciati, per etimologia uniscono parti in apparenza distinte. Quel simulacro nella sua rappresentazione volutamente efebica, quel giovinetto trafitto dalle frecce con i suoi tratti estaticamente femminei è stato un simbolo potentissimo. Si stagliava li, tra gli scrosci delle vostre mani plaudenti e  l’oratore appassionato che lanciava i suoi strali contro il “Governo in altre faccende affaccendato”. Quella statua di gesso ha assolto al suo compito di simbolo, ha fatto da ponte tra lo stimato uomo di Chiesa difensore della Famiglia e voi, sentinelle e baluardo della “sanità” di questa nostra società. E’ toccato proprio a Sebastiano, primo protagonista di un riconosciuto culto iconico omosessuale.

Vasari scrive che i frati nelle confessioni avevano scoperto le donne che “per guardarlo s’erano corrotte per leggiadria”, Guido Reni nella sua bellissima rappresentazione del Santo ci mette tutti i suoi maliziosi turbamenti omoerotici dandogli le sembianze dei giovani adescati per strada, ancora nel novecento D’Annunzio, poi le foto di Ontani, il film di Jarman , la passione della comunità LGBT.

Insomma è stato bello vedervi, illuminati dalle luci della festa, devoti sostenitori della famiglia eterosessuale cui faceva evidentemente riferimento Don Patriciello.

E dinanzi a voi: Sebastiano, le cui virtù di Santo, oggi come sempre sono salde nella mia devozione, ma la cui rappresentazione, nell'estasi maliziosa del suo martirio, è icona del meraviglioso mondo omosessuale che in quel momento, piaccia o no, vi ha (simbolicamente) spernacchiati tutti.



mercoledì 6 gennaio 2016

Leggera.

Una birra
insieme
seduti per strada
aspettando l’alba che scaldi l’asfalto,
lingue lontane brindano
insieme.
Viene l’estate: è un treno che sfreccia
nella poltrona infeltrita sprofondo,
giro in tondo
come bambini di primavera nel cortile di casa,
dov'è la mamma?

Come le passeggiate di Maggio,
leggere voglio l’ore del giorno.
Leggera la vita
sfiancata, sfinita
da un’ambizione sincera.

Gonna di raso e cento folate di vento,
la sera senza pretese,
l’inverno al caldo,
lo sguardo fraterno e il riso amico.