mercoledì 21 settembre 2011

Referendum Elettorale, diamoci una mano. Istruzioni per l'uso.


Avviso ai lettori(mi sarebbe piaciuto scrivere avviso ai naviganti ma m’è parso poco consono).
Quello che segue non è un racconto. Non è uno dei consoni sfoghi di chi regge la penna sempre con poca maestria ma con tanta civetteria. E’ altro. Quel che è lo scoprirete tra breve.


Nelle ultime settimane solo pochi tele conduttori hanno avuto l’ardore di avvisare gli spettatori , ancora alle prese con la sbornia da rientro vacanze, che è in corso la raccolta delle firme necessarie per un certo referendum abrogativo che dovrebbe aver luogo dalle nostre parti.
Che vi sia l’interesse a che i fruitori dell’informazione del servizio pubblico sappiano il meno possibile è lapalissiano. Ed è altrettanto lapalissiano che i dignitosi risultati raggiunti nella scalata alle 500.000 firme sono il frutto di un lavoro fatto dagli Italiani di buona volontà.

Quale è il referendum in questione?
A quasi vent’anni dalla fine della Prima Repubblica come uno spettro per i potenti torna il cd. Referendum elettorale ( categoria referendaria per la verità fortemente ambigua in ragione di una molteplicità di aspetti giuridici). Una iattura per quasi ogni parte politica, un pasticciaccio che potrebbe ribaltare il tavolo del Monopoli a cui tutti stanno pacatamente giocando. Motivo per cui non poche componenti dell’opposizione dimostrano una certa inappetenza.

Come è noto il Referendum è il massimo strumento della democrazia diretta, è il temperamento che i Padri costituenti vollero inserire in Costituzione all’onnipotenza parlamentare e alla tirannia della maggioranza di turno. L’articolo settantacinquesimo della Costituzione disciplina il referendum abrogativo, il solo esplicitamente indicato dalla Carta.
Il referendum abrogativo in materia elettorale è da sempre oggetto di accesissime discussioni tra i costituzionalisti e non solo. E quello in questione è proprio un referendum elettorale.

Nella storia della nostra Repubblica i referendum elettorali hanno un ruolo fondamentale.
Sono stati negli primi anni novanta il machete che il corso (anche allora) vorticoso degli eventi ha consegnato ex abrupto nelle mani degli Italiani  che per esasperazione e straordinaria forza di volontà (anche allora) seppero approfittarne.

Nel 1991 (per la prima volta) l’On. Mario Segni fu il padre della prima grande iniziativa referendaria in materia elettorale giunta a buon fine. Sino a quel momento infatti la Corte Costituzionale nella sua valutazione sull’ammissibilità dei quesiti della consultazione s’era sempre espressa negativamente.
Ritenendo, prevalentemente, che l’abrogazione dei disposti di una legge elettorale (pur non essendo espressamente vietata in costituzione) generasse un vuoto normativo incolmabile.
Solo in quegli anni (primi anni novanta ndr) la Consulta, forse spinta dai vorticosi eventi di Tangentopoli, dal progressivo scardinamento del sistema partitico che resse la Prima Repubblica, giunse alla conclusione che i referendum elettorali fossero ammissibili nella misura in cui  l’abrogazione prodotta dagli stessi garantisse una disciplina di risulta( quello che avanzava dalla roba tolta mediante referendum  insomma) tale da regolare comunque la materia , magari anche con la reviviscenza di precedenti disposizioni. Si parlò allora di Referendum di Ritaglio. Proprio per le caratteristiche sopra esposte.

Ecco, caro lettore, oggi la storia si ripete , quasi negli stessi termini.
Il lettore arguto scuserà le elucubrazioni nemmeno troppo puntuali ma esse sono , a mio avviso, necessarie perche i più comprendano.

Quello proposto in questi mesi dai comitati promotori è il tipico referendum in materia elettorale.
Ne ha tutte le peculiarità e tutti i difetti.
Esso consta di due quesiti.
Il primo: propone l’abrogazione di TUTTE le disposizioni di modifica introdotte dal Porcellum (attuale legge elettorale) alla vecchia legge che disciplinava l’elezione alla Camera dei Deputati e al Senato della Repubblica.

Il secondo: propone l’abrogazione PARZIALE delle singole disposizioni di modifica del Mattarellum (legge elettorale introdotta nel 1993 sull’onda propulsiva dei referendum Segni di cui si è detto sopra).

Quale è il fine?
Riportare in vita ,mediante la tecnica del ritaglio, le disposizioni della precedente legge elettorale , la legge Mattarella ( dal nome del suo ispiratore ,Sergio Mattarella).


Detto ciò ,quali sono i contenuti delle due leggi?

La legge Mattarella prevede un sistema maggioritario uninominale di collegio, con turno unico per il 75% dei seggi.
Calma!! Non si faccia prendere dall’ansia Non è aramaico antico , è molto più semplice di quanto sembra.

Nel collegio elettorale(il pezzettino di territorio a cui l’elettore appartiene) è eletto il candidato che ottiene il maggior numero di preferenze. Questo sistema però vale solo per il 75% dei seggi parlamentari. I restanti seggi sono assegnati con un sistema ( detto dello scorporo) diverso tra Camera e Senato.
Al Senato i seggi restanti vanno ai migliori perdenti nei diversi collegi, cioè sono proporzionalmente ripartiti ; per le elezioni della Camera è presentata all’elettore un’altra scheda recante una lista bloccata (cioè su questa scheda non si può esprimere la preferenza) .Tra le diverse liste sono proporzionalmente attribuiti i restanti seggi.
Ecco dunque che possiamo definire il Mattarellum un sistema maggioritario con correttivo proporzionale.


La legge Calderoli (detta Porcellum dalla definizione che il suo maggiore estensore ne diede in una nota trasmissione televisiva, “questa legge è una porcata”ndr) prevede un sistema proporzionale corretto , con premio di maggioranza e lista bloccata

Il sistema proporzionale per natura favorisce le minoranze portando alla formazione di maggioranze governative che si reggono su precari equilibri dettati dalle esigenze dei piccoli partiti.
A ciò la legge Calderoli ovvia con una “correzione”, una soglia di sbarramento,  ovvero vale il principio per cui ciascuna lista deve ottenere una soglia minima di voti per accedere alle camere elettive.
Essa non consente all’elettore di esprimere alcuna preferenza, né per la Camera dei Deputati né per il Senato della Repubblica. Nessun elettore può in sostanza indicare il candidato preferito o di riferimento. Risultano eletti i candidati secondo l’ordine di lista, decisa dai partiti politici, fino alla concorrenza dei seggi.
Il Porcellum attribuisce inoltre il 55% dei seggi parlamentari alla lista o coalizione di liste che abbia vinto la consultazione (quand’anche essa abbia ottenuto una percentuale irrisoria, basta che risulti essere quella con più voti). Ciascuna coalizione deve inoltre presentare un capo della stessa, riducendo evidentemente la prerogativa del Capo dello Stato di nominare il Presidente del Consiglio.


Questi sono , in sintesi ,i due sistemi. Questa è lo schema d’azione di un referendum elettorale.

Gli istituti di democrazia diretta costituiscono, senza dubbio, uno dei mezzi  di maggiore prestigio che il nostro ordinamento preveda. Essi assumono una straordinaria forza , propulsiva e dirompente  insieme , soprattutto nei momenti in cui il legislatore campa d’inerzia. Continua a giocare al Monopoli.
Oggi come nei primi anni novanta, mentre si consuma il disfacimento della Seconda Repubblica , (diventata ,che ci piaccia o no, il ventennio berlusconiano) le carte sul tavolo si sparigliano di nuovo e la mano passa agli elettori.
Perché la Gente possa scegliere è necessario che la confusione colposa del tubo catodico si plachi.
Informare è il dovere di chi è al servizio del Popolo, qualunque forma questo servizio assuma , ma se ciò non accade è un dovere più che morale degli uomini di buona volontà fare in modo che i più sappiano per dirimere, per poter un giorno rispondere alla ragionevole domanda di chi chiederà noi dove eravamo.

Vi chiedo , senza presunzioni o pretese, di fare vostra questa battaglia per i prossimi dieci giorni.
Vi chiedo di copiare i contenuti di questo post in una vostra nota, di condividere il link a quest’articolo o di scriverne uno nuovo, sicuramente più chiaro ed esaustivo di quanto io sia riuscito ad essere.
Ve lo chiedo mentre sono seduto alla mia scrivania e scrivo perché penso che ognuno di noi sia gravato da pesanti responsabilità a cui sottrarsi diventa moralmente e socialmente impossibile.

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