lunedì 26 dicembre 2011

La vie en rose. Francesca.


Francesca è immersa nell’odore della lavanda.
Fuori è inverno , le imposte sono chiuse , il vento agita i salici di Rue de Dominique e il nevischio si scioglie sotto i passi dei primi viandanti.
Quando è estate e la lavanda è fresca ne tiene un piccolo mazzo sul davanzale perché le correnti d’aria che salgono su per la Senna possano accarezzarlo,  di notte , quando le imposte sono mezze aperte, quando il fresco le accarezza le gambe , insinuandosi sotto le lenzuola che sanno, come tutto nella vita di Francesca, di lavanda.
Il sole da queste parti e in questi tempi è cosa rara eppure a Rue de Dominique alle nove e mezzo del ventisei di Dicembre una luce biancastra invade ogni cosa.
La camicia da notte le arriva al ginocchio, ha i piedi gelati eppure non ha mai smesso di indossarne , da quando ha cinque anni. Lo fa perché le ricorda la nonna.
Bianca è morta un anno fa.
Era nata a Saint Pierre , un paesino della Provenza. Bianca sapeva di Provenza e per lei salire su a Parigi fu come morire una prima volta. Qualche settimana dopo il suo arrivo iniziò ad invecchiare , rovinosamente. I capelli si fecero grigi in pochi mesi; la sola gioia era Francesca.
La Provenza era nella stanza di Francesca.
Ogni mese si faceva mandare due enormi fasci di lavanda , uno per la sua stanza e uno per quella della nipote.
Le due chiudevano la porta , s’avvolgevano in un plaid di lana e restavano lì per ore.
Sole con Edith Piaf. La vie en rose suonava per pomeriggi interi e di primavera invadeva Rue de Dominique. E a Bianca ricordava la giovinezza e la terra sotto i piedi e l’odore del pane e dell’orzo e le mani ruvide di Armand. E i pranzi in campagna e le tavole imbandite e le gelse rosse che tingevano le labbra , le dita e le camicette di lino. Quando sentiva il cuore in gola e un senso d’ansia improvviso , come fosse oppressione, e le tremavano le braccia e poi le gambe e non riusciva a parlare e capiva che era amore.
Poi prendeva Francesca , l’ abbracciava e danzavano sulle note di Edith. E Bianca piangeva.
Ma c’era la lavanda e tutto passava. O forse le sembrava che così fosse.
Poggiavano il mento l’una sulla spalla dell’altra e i capelli rossi di Francesca si confondevano con quelli grigi di Bianca mentre fuori non c’era altro che Parigi.

La camicia da notte le arriva al ginocchio.
Le gambe sono bianchissime , come le mani , le braccia e il suo viso. E ciò a Francesca non piace.
Non l’è mai piaciuto e da quando è donna le piace ancor meno.
Come ogni mattina , lascia cadere la camicia da notte, che s’adagia sul tappeto e si guarda allo specchio, scioglie i capelli che le arrivano ai fianchi e le solleticano la carne.
Francesca non s’accorge di quanto sia bella.
Ha solo vent’anni e ha smesso d’amare due vite fa.
Siede alla scrivania e inizia a spazzolarsi i capelli , ogni colpo di spazzola attutisce le urla che vengono da dentro e il rumore che essa fa per sciogliere i nodi le piace perché è convinta che serva ad alleviare quell’inesplicabile senso di oppressione che non vuole abbandonarle il petto.
E’come una fascia che le comprime il torace , come una cattiva digestione , come un senso di nausea , come se un minuto dopo dovesse sostenere un esame , come quando al mattino ti svegli e avevi sognato che stavi per cadere e invece ti scopri al caldo nel tuo letto , come dopo una lunga corsa , improvvisa, ti senti affannato e un po’ stanco.
Questo è il petto di Francesca di questi tempi.

Rue de Dominique è insolitamente affollata e invasa da una dolcissima fragranza di cioccolato.
E’la brasserie all’angolo, ha delle meravigliose brioche in vetrina , s’intravedono a malapena perché il vetro è appannato per il vapore.
Francesca tiene le mani strette nelle tasche del suo cappotto di lana.
Con il pollice lascia scivolare il piccolo anello dall’anulare e con i polpastrelli riduce in polvere un rametto di lavanda essiccata. Le tasche di Francesca racchiudono un modo strano , come forse tutte le tasche.
A passi lunghi raggiunge l’incrocio con Rue du commerce. L’incanto di Parigi è indescrivibile.
Il vento fa volare il cappello che le raccoglie i capelli e d’improvviso Francesca si sente indifesa, sola.
Quando la folata di vento cessa il cappello si ferma ai piedi d’una panchina, su un piccolo molo, uno dei tanti a bordo Senna.
E nell’acqua si specchia il suo volto. E i tanti capelli rossi, e le guance bianche e il naso sottile arrossato dal freddo. Spera che il fiume si porti via quella sagoma per non restituirgliela più e faccia lo stesso con i suoi ricordi.
Tira le mani fuori dalle tasche  e lascia al vento la polvere della lavanda mentre sul palmo giace quel piccolo anello che fino a qualche secondo prima le cingeva l’anulare.


-          Tienilo è per te
-          Non posso ,è di tua madre non puoi darmelo
-          Prendilo
L’anulare lo accolse perfettamente come se fosse stato comprato per lei.
-          Promettimi che lo terrai sempre con te , sempre , anche quando non ci ameremo più , quando saremo lontani e i nostri ricordi saranno affievoliti , quando non ci vorremo più come in queste ore, promettimi che lo custodirai sempre fino a che ci saranno giorni, fino a che potrai tornare su questo molo e guardare la Senna , fino a che ci sarà Parigi , fino a quando le tue mani sapranno di lavanda.
    -       Sarò qui , a Rue de Dominique , ogni giorno ,le mie mani sapranno di lavanda fino a  che esisterà la Provenza.
Il molo poi scomparve e così il fiume e rue du commerce e le strade e i passanti e le luci fioche dei lampioni , restarono soli . Solo un bistrot con la porta socchiusa.
La luce s’infilava tra la porta e il muro per proiettarsi su loro.
E dall’interno , attutita, la melodia di Edith.


Notti d'amore senza fine
Una gran felicità che si fa largo
I fastidi, i dolori si cancellano
Felice, felice da morire.

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