Non
volevo dirvelo nel giorno della festa per non urtare la vostra sensibilità.
Voi, voi che applaudivate don Maurizio
Patriciello inneggiante al Family Day, dallo scalone della nostra Chiesa,
davanti all'effige di San Sebastiano, lo sapete che il nostro Protettore è una
riconosciuta, amatissima e risalente icona Gay?
I
simboli sono prepotenti, sfacciati, per etimologia uniscono parti in apparenza
distinte. Quel simulacro nella sua rappresentazione volutamente efebica, quel
giovinetto trafitto dalle frecce con i suoi tratti estaticamente femminei è
stato un simbolo potentissimo. Si stagliava li, tra gli scrosci delle
vostre mani plaudenti e l’oratore
appassionato che lanciava i suoi strali contro il “Governo in altre faccende
affaccendato”. Quella statua di gesso ha assolto al suo compito di simbolo, ha
fatto da ponte tra lo stimato uomo di Chiesa difensore della Famiglia e voi,
sentinelle e baluardo della “sanità” di questa nostra società. E’ toccato proprio
a Sebastiano, primo protagonista di un riconosciuto culto iconico omosessuale.
Vasari
scrive che i frati nelle confessioni avevano scoperto le donne che “per
guardarlo s’erano corrotte per leggiadria”, Guido Reni nella sua bellissima
rappresentazione del Santo ci mette tutti i suoi maliziosi turbamenti
omoerotici dandogli le sembianze dei giovani adescati per strada, ancora nel
novecento D’Annunzio, poi le foto di Ontani, il film di Jarman , la passione
della comunità LGBT.
Insomma
è stato bello vedervi, illuminati dalle luci della festa, devoti sostenitori
della famiglia eterosessuale cui faceva evidentemente riferimento Don
Patriciello.
E dinanzi
a voi: Sebastiano, le cui virtù di Santo, oggi come sempre sono salde nella mia
devozione, ma la cui rappresentazione, nell'estasi maliziosa del suo martirio,
è icona del meraviglioso mondo omosessuale che in quel momento, piaccia o
no, vi ha (simbolicamente) spernacchiati tutti.