domenica 9 dicembre 2012

L'eterna Seconda Repubblica.

La mia generazione è nata tra la Prima e la Seconda Repubblica , in un Paese che di li a poco si sarebbe scoperto berlusconiano ante litteram. È cresciuta nel tempo dell'uomo solo al comando e del leaderismo all'ennesima potenza. Ha visto la gloria e l'apogeo del Re nudo.

Quando, un'anno fa , il quarto non-governo del Cavaliere crollò inesorabilmente nessuno avrebbe creduto che in meno di dodici mesi l'anziano professore in loden, con così poco charme e appeal politico, avrebbe ricondotto il Paese sulla via dello spessore internazionale. Non lo avrebbe creduto neppure la mia generazione che con diffidenza (crescente, bisogna dirlo) ha guardato all'esperimento tecnico.
Chi ha un minimo di dimestichezza con questa materia sa che l'esecutivo Monti non è certo il primo "Governo del Presidente" ma è sicuramente uno dei più anomali per le contingenze in cui è maturato e per il carattere tutto suo proprio con cui si è imposto nella comunità internazionale.

 Ricordo come fosse ieri quella sera di Novembre di un anno fa quando tra mille feste di Piazza Berlusconi salì al Quirinale per rassegnare le dimissioni a pochi giorni dalla nomina a Senatore a vita di Mario Monti. Allora tutto ci pareva irrecuperabile : la Repubblica e le sue più alte istituzioni, schiacciate dal giogo di un potere perverso e malato; la politica smarrita, inaffidabile, schifosa; gli Italiani , persi nella convinzione di un Paese incancrenito.
Eppure l'uscita di scena del Presidente imprenditore e la contestuale comparsa del Professore ridavano speranza.
In quei giorni insomma qualcosa lasciava ben sperare, nessuno certo s'illudeva che fosse possibile tornare all'Italia del boom e della spesa facile ma quell'aurea normalitas ( passatemi la cacofonia) ricaricava il cuore ancor prima che la mente.
Il terzo governo tecnico della Seconda Repubblica è entrato così nella coscienza civile di questa generazione poco per volta, senza strappi e senza sussulti, con il marchio della sobrietà. Senza effetti pirotecnici e colpi di varietà.Con un profumo di strana normalità.


Ecco perchè agli Italiani di buona volontà il colpo di coda di questa settimana è parso inaccettabile e vile. Codardo e colposo nella sua efferata violenza politica.
Nessuno lo meritava.
In quest'anno di sacrifici il nostro Popolo( quanto ci è mancata questa espressione, per troppo tempo siamo diventati solo elettori) ha riscoperto la responsabilità e il servizio alla collettività nella sua dimensione più alta.
In questi mesi siamo rientrati nelle nostre case con la consapevolezza di dover sacrificare le ragioni di una vita agiata per contribuire tutti, secondo le proprie possibilità, al sostegno materiale ed economico della Nazione. Che la nostra Carta traduce in sviluppo spirituale e a cui si rimandano gli sforzi di ciascun cittadino.
Nessuno , beninteso, può oggi ritenere non perfettibile questa esperienza di Governo , su essa la Storia emetterà la sua sentenza e ognuno puó avanzare le proprie perplessità ; ma ad essa si deve , senza dubbio, il merito d'aver restituito all'Italia e agli Italiani la speranza di un Paese normale, in cui i governanti siano immuni da una sete di potere vuota e spocchiosa, a tratti comica se non grottesca che non rende giustizia ai valori di unità che il tempo passato ci ha consegnato.

Non lo meritano i giovani della mia generazione e di quelle che verranno,le donne e gli uomini che ogni mattina andando a lavoro hanno cercato le parole per spiegare ai propri figli che le esigenze erano cambiate;
non lo merita chi un lavoro non lo ha o non lo ha più, chi ha un'idea diversa della Politica ma ha accettato di collaborare con lealtà.

 Non lo merita l'Italia che ha creduto nel cambiamento perchè se domani , o tra un mese, questo colpo di mano ci porterà lontani dalle poche sicurezze che abbiamo raggiunto allora nessuna ragione politica sarà sufficiente. Quel giorno dovranno restituire ai padri le notti insonni e alle madri il pianto dei propri figli in cerca di un lavoro, a me e alla mia generazione dovranno ridare il sogno di un Paese normale che avevamo iniziato a costruire

lunedì 3 dicembre 2012

L'isola dell'amore.

Ho visto volteggiare oltre l'aurora il ristoro di chi cerca la pace,
la mano di mia madre tra i quattro abbracci della cenere rovente,
il bacio di mio padre sulla fronte sconosciuta.

Ho visto l'amore.
Per le strade di notte,
tra i cassonetti sulla spiaggia deserta:
l'amante rubava all'amata l'ultimo sussulto nel petto.

Come un barbone ramingo ho frugato nel mio stivale in cerca di un soldo
e dal venditore di sogni ho comprato una manciata di carri volanti
che trasportano uomini e donne verso lidi lontani
affollati da fiori sbocciati nei cuori tramortiti,
imbevuti di delusioni vetuste.

Passeggiando tra essi ho scoperto che
il dolore genera amore.