La notte prima avevo sognato.
Avevo sognato tanto. Non mi capitava da un pò.
Era uno di quei sogni che ti riempiono di gioia. Uno di quelli che se anche non ricordi ti fanno stare bene. Uno di quelli che quando sei sveglio preghi il Signore di farti riaddormentare. Per continuare a sognare. Ancora un secondo. Giusto un istante di più.
Poi può cadere il mondo. Tanto non te ne fotte un cazzo. Perché tu vuoi rimanere li.
Solo col tuo sogno.
Non volevo sapere nulla di quello che accadeva là fuori. Là fuori fa freddo. Un freddo bestiale. Eppure io adoro il freddo.
Ma voglio stare qui. Nel mio letto. Mezzo stordito da un sogno dimenticato.
Ieri ho dato l'esame, mi prendo un'ora in più qui sotto.
Qualcuno dentro mi dice di alzarmi e darmi da fare. Ma è quasi Natale e che cazzo vuoi che sia un'ora in più.
Mi alzo lo stesso. Vado a zonzo per le stanze gelate.
Mi faccio un the scuro, più scuro del solito, senza una goccia di limone, tanto zucchero.
Uno , due , tre ... ma si...quattro cucchiaini. È bollente. Mi ustiono la lingua. Ma mi piace.
Mi piace sentire sotto i denti la lingua spugnosa. Dolente. Così ho di che lamentarmi. Un modo per iniziare male la giornata.
La scrivania fa più schifo del solito. C'è tempera ovunque.
Prendo il libro, segno la data e il voto dell'esame.
È un vezzo. Una di quelle cose che ti consolano e non sai neppure perchè.
Poi lo guardo. Mi prende l'acidità allo stomaco. Mi succede sempre al mattino. Alla stessa ora. Non ho capito perchè. Dovrei farmi vedere da un medico ma non mi va.
Sorseggio il the bollente. Mi dà sollievo. So che non posso continuare così ma la precarietà mi piace. Mi fa sentire sollevato, sempre. Così se qualcosa non va è colpa della precarietà. Sono i conti che non tornano. Non è mica colpa mia.
Mi siedo. La seduta è fredda. I brividi mi salgono su per la schiena.
Oggi non c'è sole. Menomale. Non faticherò a chiudere e aprire le tende.
Mi rialzo e le apro quanto basta.
Ogni giorno le apro quanto basta . Non è vero, mento. Le apro quanto basta da qualche tempo a questa parte.
Da quando quella di fronte ha deciso di stabilirsi con la sua stanza dirimpetto alla mia.
Maledetta decisione. Che stronza. Non poteva starsene dall'altro lato del condominio.
Laggiù , in culo al mondo. Non l'avrebbe vista nessuno.
Anche oggi è già lì. Le tende spalancate. Non come le mie. Le mie sono aperte quanto basta. Le sue no.
Sta alla scrivania. Come ogni mattina a quest'ora. Come ogni giorno. Da due mesi, insistentemente lì. Si è seduta prima di me.
Avevo sognato tanto. Non mi capitava da un pò.
Era uno di quei sogni che ti riempiono di gioia. Uno di quelli che se anche non ricordi ti fanno stare bene. Uno di quelli che quando sei sveglio preghi il Signore di farti riaddormentare. Per continuare a sognare. Ancora un secondo. Giusto un istante di più.
Poi può cadere il mondo. Tanto non te ne fotte un cazzo. Perché tu vuoi rimanere li.
Solo col tuo sogno.
Non volevo sapere nulla di quello che accadeva là fuori. Là fuori fa freddo. Un freddo bestiale. Eppure io adoro il freddo.
Ma voglio stare qui. Nel mio letto. Mezzo stordito da un sogno dimenticato.
Ieri ho dato l'esame, mi prendo un'ora in più qui sotto.
Qualcuno dentro mi dice di alzarmi e darmi da fare. Ma è quasi Natale e che cazzo vuoi che sia un'ora in più.
Mi alzo lo stesso. Vado a zonzo per le stanze gelate.
Mi faccio un the scuro, più scuro del solito, senza una goccia di limone, tanto zucchero.
Uno , due , tre ... ma si...quattro cucchiaini. È bollente. Mi ustiono la lingua. Ma mi piace.
Mi piace sentire sotto i denti la lingua spugnosa. Dolente. Così ho di che lamentarmi. Un modo per iniziare male la giornata.
La scrivania fa più schifo del solito. C'è tempera ovunque.
Prendo il libro, segno la data e il voto dell'esame.
È un vezzo. Una di quelle cose che ti consolano e non sai neppure perchè.
Poi lo guardo. Mi prende l'acidità allo stomaco. Mi succede sempre al mattino. Alla stessa ora. Non ho capito perchè. Dovrei farmi vedere da un medico ma non mi va.
Sorseggio il the bollente. Mi dà sollievo. So che non posso continuare così ma la precarietà mi piace. Mi fa sentire sollevato, sempre. Così se qualcosa non va è colpa della precarietà. Sono i conti che non tornano. Non è mica colpa mia.
Mi siedo. La seduta è fredda. I brividi mi salgono su per la schiena.
Oggi non c'è sole. Menomale. Non faticherò a chiudere e aprire le tende.
Mi rialzo e le apro quanto basta.
Ogni giorno le apro quanto basta . Non è vero, mento. Le apro quanto basta da qualche tempo a questa parte.
Da quando quella di fronte ha deciso di stabilirsi con la sua stanza dirimpetto alla mia.
Maledetta decisione. Che stronza. Non poteva starsene dall'altro lato del condominio.
Laggiù , in culo al mondo. Non l'avrebbe vista nessuno.
Anche oggi è già lì. Le tende spalancate. Non come le mie. Le mie sono aperte quanto basta. Le sue no.
Sta alla scrivania. Come ogni mattina a quest'ora. Come ogni giorno. Da due mesi, insistentemente lì. Si è seduta prima di me.
Vorrei andare al balcone , chiamarla e dire : “Oh stronza! Mi dici per quale fottutissimo motivo ti sei piazzata lì?”.Non lo farò mai. Ne sono certo. Intanto mi illudo che possa capitare. Forse un giorno accadrà. Spero che accada. O forse no.
Su e giù per quella stanza.
Eccola. Come sempre riempie un’enorme tazza. La posa sulla scrivania. Inizia a tamburellare con il culo della sua HB ogni giorno più piccola. A fine giornata la butterà. Oggi è venerdì. Ogni matita le dura non più di una settimana.
Tra un po’ accenderà la radio. Come volevasi dimostrare.
Come sempre si parte con Simon & Garfunkel… Hello, darkness, my old friend I've come to talk with you again.
Quanta verità. Quanta tristezza.
Sento gli occhi umidi. Ma che faccio?Porca troia. Non posso piangere. Non sto piangendo. Sono solo lacrime. Non posso piangere.
Ecco lo sapevo. Mi tocca chiudere le tende.
Tra qualche minuto scenderà dal suo terzo piano. Inizierà a correre per l’intero isolato. Venti minuti ogni giorno.
Anche io scenderò. Come ogni giorno. Per venti minuti.
Comprerò il mio giornale. E , come sempre, provvederò ad accantonarlo. Con cura. Meticolosamente. Senza leggerne neppure un rigo.
Sono trascorsi i venti minuti d’aria.
Apro il portone. In tre secondi sono a terra. Penso di essermi rotto il naso. Grondo sangue.
La mia guancia destra è sul pavimento freddo. Come cazzo è successo!
Mi rialzo. La suola della scarpa sinistra mi ha tradito. Ho un foglio stropicciato attaccato alla punta.
E’tutto infangato ma leggibile.
-Ti va un the scuro senza limone?-
Firmato – Quella di fronte- .
Gioia infinita.
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