Domenica
voto.
Fondamentalmente
per la prima volta.
Voto
dopo l’ibernazione democratica, dopo l’era del grande smarrimento comune, del
disamore politico , del disinteresse sociale e di tutte le boiate simili con
cui ci hanno infarcito i sensi nell’ultimo decennio.
Sono
un moderato perché mi hanno istruito alla moderazione , insegnato alla
diplomazia , condotto all’equilibrio ma questa volta sono determinato all’estremismo.
Il
motivo è semplice: alle prossime elezioni non avrò più vent’anni.
Chi
come me è nato nei primi anni novanta vota oggi per la prima volta. E il primo
voto è un po’ come fare l’amore per la prima volta: nel
bene e nel male è un’esperienza travolgente. E’ un battesimo, un’iniziazione,
un traguardo e una partenza , apogeo e rinascita. Fuori dai troppi lirismi che
spesso mi travolgono , sono convinto di ciò: la nostra generazione porta sulle
spalle il fardello più pesante dal dopoguerra ad oggi.
E’
protagonista della scelta che non tornerà più.
Il
motivo è storico e anagrafico insieme.
I
ventenni primo repubblicani hanno avuto poco da scegliere per sessant’anni e poco
più, hanno vissuto in un sistema
bloccato, sotto il peso di una perenne convenzione
all’esclusione (per dirla con i politologi) che rendeva ogni voto dato alla
Sinistra (quella con la S maiuscola) un voto di protesta, incapace di condurre
la formazione politica dei sogni al Governo.
La
generazione di mio padre ha vissuto i propri vent’anni nella convinzione che al
Governo ci sarebbe andato questo o quel democristiano o , nel migliore dei
casi, qualche uomo moderatamente progressista in una compagine debitamente annacquata
. Un ventenne degli anni ottanta barrava la scheda appaltando il voto al
miglior baluardo per l’argine democristiano, appaltava la speranza nella
consapevolezza di non ottenere introiti ma con la convinzione di capitalizzare.
Di accumulare interessi non riscossi che per un fenomeno di anatocismo politico
sarebbero andati ai propri figli. Ma , bontà loro, quei figli sono diventati i
nipoti.
Poi
è caduto il Muro ma i ventenni di allora non hanno fatto in tempo a consumare
la loro rivoluzione che anche in Italia è crollato tutto: Bum!
Uno
dopo l’altro sono scomparsi tutti: i partiti buoni e i partiti cattivi, quelli
della domenica in chiesa e quelli del lunedì in fabbrica. Niente più sogni,
niente. Un intero capitale di voti centristi andò bruciato nel giro di qualche
settimana e quei voti che i ventenni primo repubblicani avevano messo da parte
nella speranza di conservali per i propri figli andarono perduti anch’essi.
Poi
fu la volta dei ventenni del ’94, figli dei ventenni vissuti al tempo della
democrazia bloccata.
Ma
da quell’ annus horribils c’è stato
poco da sperare per circa due decenni.
Gli
italiani hanno continuato a dividersi in guelfi e ghibellini, Montecchi e
Capuleti, Berlusconiani ed Antiberlusconiani. L’uomo di Arcore ha governato per
intervalla insaniae e ancora una volta ai nuovi votanti non restava che
appaltare la speranza all’argine migliore che, nella situazione meno tragica ,
ha retto il colpo per una manciata di mesi.
Ma
lo scorso Novembre è cambiato tutto.
Tredici
mesi fa , per complesse alchimie storiche, politiche ed economiche il paese è
entrato in un limbo fuori dal tempo, in una enorme e inusitata pausa di
riflessione , un gigantesco fermi tutti. Un attimo prima del fosso, quando
sulle braccia si sentiva già il vento ci siamo seduti e abbiamo iniziato ad
aspettare.
Come
tutti i fenomeni mediatici anche quello berlusconiano ha così esaurito la
propria forza propulsiva restando però a galla.
Ecco
che entra in scena la generazione di chi oggi vota per la prima volta. Siamo
tutti sulla soglia di una porta che nessuno vuole varcare perché nessuno ha la
forza di farlo , perché chi per tutta questa maledettissima seconda repubblica
ha sperato non vuole più combattere, perché
i ventenni del novantaquattro (con la buona pace di qualcuno) sono presi dallo
sconforto , hanno abbandonato il proprio voto in un orfanotrofio e non hanno il
coraggio di dichiararsene padri.
Vedete,
penso con convinzione che quella soglia oggi la possano varcare solo i ventenni perché
solo essi dispongono della forza necessaria, perché dispongono di un voto
nuovo, di un voto vergine. Puro, se volete.
Perché
per la prima volta dopo generazioni di appaltatori speranzosi non siamo
chiamati a scegliere per arginare la vittoria certa dell’antagonista di turno ma
per dare la spinta decisiva alla nostra vittoria.
Portiamo
sulle spalle i sogni dei nostri padri, abbiamo il dovere di riscuotere il
credito che per anni essi hanno accumulato credendo di avere perso, siamo
chiamati a dare voce ai ventenni che quando a Berlino cadeva il muro e nel
Mondo non esistevano più barriere assistevano inermi agli ultimi rivolgimenti
di un sistema corrotto e schifoso.
Per
la prima volta i ventenni non sono chiamati a votare contro. Siamo chiamati a
votare per.
Ecco
dunque che abbiamo la responsabilità più grande. Solo chi oggi vota per la
prima volta ha le chiavi giuste per aprire la porta del Paese che abbiamo a
lungo sperato. Non so se oltre quella porta ci siano certezze, per vero non lo
penso neppure ma sono certo che sia necessario varcare la soglia. E il passo lo
possiamo compiere solo noi pienamente, liberamente e senza condizionamenti come
mai prima nella storia di questo Paese.
Ogni
prima volta genera timori.
Quando
si fa all’amore per la prima volta senza amarsi si teme che dopo venga l’amore
e quando si fa l’amore (per la prima volta) amandosi si teme che qualcosa vada
storto. Ma in entrambi i casi, al netto dell’errore statistico, la prima volta
resta indimenticabile.
Se
non amiamo ancora non dobbiamo temere di iniziare a farlo, chi non ama per
paura di soffrire è uno stolto o ha deciso deliberatamente di non vivere. Chi
si innamora, invece, dopo la sua prima volta ha varcato la soglia dell’attimo e
non conosce gioia più grande.
Non
abbiamo altra strada. Oggi più di ieri e , forse , più di domani.
Dobbiamo
spingerci oltre. E amare.
Nessun commento:
Posta un commento