E ora?
Il Partito Democratico è volato oltre la vetta del 40%, più che un risultato elettorale questo si configura come un vero e proprio mandato popolare. Per mutuare una terminologia giuridica, un mandato di ottimizzazione all'Italia quale stato fondatore dell'Europa unita, che impone al centrosinistra e al Governo di agire al massimo delle proprie possibilità.
Per vero, le prospettive d'analisi sono due: quella nostrana e quella europea.
La prima vede il
PD centrare un risultato storico dalla nascita della Repubblica ad oggi: mai un
partito riformista e progressista aveva sfiorato simili percentuali, godendo
tra l'altro di un bacino elettorale così ampio. Oltretutto l'esito delle Europee
sanziona i Democratici in via definitiva quale forza supermaggioritaria e di
Governo, traguardo impensabile, checché se ne dica, dopo decenni di conventio ad excludendum. Queste
considerazioni sono amplificate se si considera che la percentuale de quo è
espressione della forza elettorale di un solo partito e non di una coalizione.
Ciò avrebbe significato, in costanza di elezioni politiche nazionali, la certa formazione (uso un'espressione odiosa) di un governo monocolore PD.
Ripeto: mai nella storia della Repubblica.
Ciò avrebbe significato, in costanza di elezioni politiche nazionali, la certa formazione (uso un'espressione odiosa) di un governo monocolore PD.
Ripeto: mai nella storia della Repubblica.
Ciò incarica il
centrosinistra di un mandato trasversale che attinge a piene mani da tutte le
categorie sociali, geograficamente ovunque collocate.
Queste
considerazioni si fanno quasi trascurabili se si legge la portata del risultato
italiano in Europa.
Escluse Malta e
Lettonia (dove Laburisti e Popolari raggiungono rispettivamente il 53% e il
46%) che, con il dovuto rispetto, hanno un peso specifico neppure paragonabile
a quello Italiano, il PD è il primo partito dell'Unione percentualmente e, in
termini di elettori nominali, il primo in assoluto.
Il secondo dato
da considerare è l'indiscutibile affermazione delle forze centrifughe,
cosiddette euroscettiche. Affermazione consumatasi non solo nel sui generis
Regno Unito ma soprattutto nella eurofondatrice Francia. Che significa tutto
ciò?
Significa che
l'Italia ha una responsabilità enorme.
Paradossalmente
il Paese che aveva destato le maggiori preoccupazioni per la stabilità
dell'Unione ne diventa il baricentro politico, insieme (paradosso nel
paradosso) alla Germania di Angela Merkel, dove l'europeista Cdu si piazza molto
bene.
Il PD di Matteo Renzi ha dato un contributo
cruciale in termini di seggi alla, quasi certa, formazione di una grande
coalizione e ciò gli conferisce un potere contrattuale spendibile su una
molteplicità di fronti.
Spetta ora
all'Italia, profittando del semestre di presidenza, trainare l'Unione verso un
porto sicuro da cui ripartire insieme alle grandi forze europeiste.
Diversamente i facili vitelli d'oro portati in trionfo dai populismi
rischiano di annebbiarci la vista e impedirci il cammino.
Un'ultima parola
su Matteo Renzi segretario di partito.
Da
renziscettico, scusate il neologismo, non posso non riconoscerne il merito già
storico. È stato capace di ristrutturare e rendere finalmente fruibile il
centrosinistra italiano, attendendo alle ambizioni per cui esso nacque nel non
lontano 2007 (chi asserisce il contrario sa di mentire).
Per questo e per
mille altri motivi di cui non parlerò, chapeau!
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