I raggi di sole fendono prepotenti il silenzio della Domenica, quando due o
tre macchine attraversano furtive e spietate le strade intorno al centro. Il
silenzio della Domenica pomeriggio ha una vocazione universale e una missione rasserenatrice.
Affacciato alla finestra di Clermont, il silenzio mi ha trascinato nelle
giornate agostane, ardenti e sospese, della mia città: la luce è battente e
ipnotica, infuoca i sampietrini della piazza deserta dove si impone, rassicurante,
la Chiesa.
Quando viene Settembre, le carte schioccano fragorose sui tavoli da gioco
degli anziani del paese; a colpi interrotti e costanti le tazzine di caffè incontrano
il marmo, è una sinfonia familiare, ritmata dal trafficare laborioso del Bar in
centro. Qui il vento sfoglia il Corriere, porta via la cenere di sigarette che avvolgono
le chiacchiere di piazza. Mi sembra di sentire il trombone della banda nelle
processioni, da bimbo, al braccio di nonna. Questa terra è un cesto di radici
che odora di migliaccio e pasta al forno.
San Sebastiano si lascia amare da lontano, quando lo sguardo non incontra
più il Vesuvio. Nelle ore lontane, fa
tenerezza l’umanità di paese che pareva goffa e, talora, così detestabile quando
salta in scena. Lì, la vita dei giovani è serena e distesa, è forse di attesa.
Quella terra di provincia è una fucina di sogni e ambizioni pacate, lì si
apprende l’arte di sorprendersi che è la virtù più nobile di chi non si
rassegna alla noia di pensarsi uomo di mondo.
La mia generazione fa capannelli per strada, in piazza, seduti sulle
panchine, aggrappati alle ringhiere; i diciottenni sostano in groppa al motorino
e col panino nelle mani; le donne escono dalla Chiesa dopo la messa delle sette.
Il pescivendolo lancia l’ultimo secchio
d’acqua, il salumiere all’angolo è quello che chiude per ultimo, il rumore
della saracinesca ogni volta è un tuono, le macchine sono poche e inizia a fare
fresco, passa il vicino col cane, una coppia va in centro a prendere l’ultimo caffè
della giornata.
Esco anche io, incontrerò di certo qualcuno.
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